La crisi colpisce ancora. Suicida una commerciante di Savona

A volte dietro un sorriso, un atteggiamento esuberante e solare si nascondono le lacrime che non si riescono (o non si possono) piangere.  A volte le responsabilità  che portiamo sulle spalle ci costringono a soffocare il dolore dietro una maschera che serve a rassicurare il mondo esterno, ma che alla lunga non può che logorarci. Non sempre è facile fermarsi in tempo, e chiedere aiuto a chi ci vuole bene. Spesso, purtroppo, a non farcela sono i più fragili e sensibili. Quelli che non urlano la propria disperazione per non essere di peso al mondo. Così se n’è andata qualche giorno fa Sarah Siter, 42enne agente di viaggi di Savona titolare della “Kiss and Fly”. Venerdì scorso la donna si è suicidata nel retro del suo ufficio, e, in un messaggio indirizzato a familiari ed amici, forse per la prima volta, ha condiviso con loro le angosce che ormai da tempo la divoravano. 
Angosce, le sue, ben note a molti italiani, piccoli commercianti, imprenditori e artigiani che ogni giorno devono vedersela con tante e tali difficoltà che rendono lo svolgimento della loro attività una sorta di corsa ad ostacoli. L’incubo di Sarah Siter era quello di restare schiacciata dalla crisi economica, di doversi arrendere a una pressione ormai insostenibile, scandita da scadenze e pagamenti
L’intera comunità di Savona è rimasta scioccata dalla notizia del suicidio di Saretta, come la chiamavano affettuosamente. Chi l’ha conosciuta non la dimentica, come dimostrano i messaggi a lei dedicato postati su Facebook. E in molti hanno voluto salutarla un’ultima volta in occasione dei suoi funerali. Per media e istituzioni però, probabilmente la morte della donna è “solo” una tra le tante, e quindi non fa “rumore”. Eppure il moltiplicarsi di gesti così definitivi e drammatici può forse sminuire la gravità di ciascuna delle storie che ci sono dietro? Rende forse meno importante la vicenda di ciascuna delle persone che sono dietro a queste morti? Evidentemente no, ma in pochi, probabilmente, anche al’interno della “classe politica dirigente”, avrebbero il coraggio e l’onestà intellettuale di interrogarsi a fondo sui motivi di una scelta tanto radicale. 
 

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