C’è vita dopo la segnalazione in Crif?

Si dice che il computer, per quanto rapido e utile, sia comunque una macchina “stupida”

Segnalazione-CrifE a volte la burocrazia non è molto diversa. Come spiegare altrimenti certe procedure che s’innescano per una sorta di automatismo, anche contro i più comuni principi di buonsenso, e che travolgono tutto e tutti? Un esempio su tutti, l’implacabile efficienza di Crif, la Centrale Rischi della Banca d’Italia, in cui  vengono iscritti “d’ufficio” quanti non adempiono i pagamenti dovuti nei tempi previsti. Nessun controllo o distinzione viene fatta per quel che riguarda modalità, tempistiche e cause del debito, a nessuno infatti sembra importare delle conseguenze potenzialmente devastanti che una segnalazione in Crif può avere.

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Segnalazione Crif, non basta il ritardato pagamento

Iscrizione-cattivo-pagatoreEmblematica, in questo senso, la vicenda di una famiglia di 7 persone della provincia di Napoli, proprietaria della Tammaro Antonio & figli srl, azienda operante da 50 anni nel settore dell’elettronica con 12 dipendenti. Per loro l’incubo comincia domenica 31 luglio 2005, giorno di scadenza del pagamento dovuto a Ifitalia, società del gruppo BNL. La legge stabilisce che «se il termine fissato per l’adempimento delle obbligazioni scade in un giorno festivo, esso viene prorogato fino al primo giorno non festivo successivo». La famiglia quindi prepara il pagamento per lunedì 1 agosto, senza immaginare che la segnalazione in Crif, per una sorta di “effetto valanga” è già andata a sistema, e le banche sono già state allertate. Così, a settembre queste esigono dall’impresa il rientro immediato dei prestiti, e solo due mesi dopo Antonio Tammaro viene informato di  essere stato iscritto in Centrale Rischi.

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E, nonostante con “provvedimento d’urgenza” la registrazione venga rimossa in quanto erronea, nel frattempo i rubinetti del credito sono stati chiusi. Partono i pignoramenti dei conti correnti dell’imprenditore e vengono bloccati gli immobili messi a garanzia dai figli-soci. Ora i Tammaro sperano che venga riaperto il processo e rivista la definizione di usura bancaria. Nel frattempo però si ritrovano sulle spalle 60.000 euro di spese legali, a cui si aggiunge il disagio per il patrimonio congelato e quindi momentaneamente inutilizzabile. E come se non bastasse, il signor Antonio e la sua famiglia sono costretti a vivere con una pensione, la sua, di 900 euro.

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